Mino Vianello
Facolta’ di Statistica, ” La Sapienza”
Descartes Prize
E’ naturale, visto il contesto in cui nasce – contesto non solo italiano, anche se in Italia particolarmente scottante dopo l’introduzione d’una legge sulla fecondazione assistita che tocca direttamente il tema della sperimentazione con le cellule staminali embrionali – e’ naturale, dicevo, che quasi implicitamente al centro del dibattito si collochi nell’immaginario dei partecipanti la liberta’ di ricerca in campo bio-medico. E’ naturale, ma limitante – gravemente limitante.
Infatti, senza rifare la storia dell’attivita’ di ricerca nel campo bio-medico, storia che e’ stata fatta e rifatta infinite volte, e’evidente che la liberta’ di ricerca in quel campo, come ai tempi di Galileo Galilei in campo astronomico, urti contro la visione della realta’ delle varie religioni. E’ evidente che nel caso dell’Italia si tratti dell’ostrascismo frapposto al progrewssso bio-medico dalla chiesa cattolica : per restare negli ultimi secoli, basti ricordare il divieto – pena la morte- di sezionare cadaveri a fini di studio anatomico; l’abolizione dell’obbligo del vaccino contro il vaiolo, ch’era stato introdotto durante il Regno d’Italia, non appena reinstaurato lo Stato della Chiesa dopo la caduta di Napoleone; la condanna durata decenni del taglio cesareo da quando esso comincio’ a diffondersi nell’800; il sospetto con cui furono visti all’inizio gli antibiotici e i trapianti d’organi, per non parlare dell’ostilita’ dichiarata e ribadita verso le politiche di pianificazione demografica.
Si potrebbero facilmente trovare altri esempi in contesti diversi da quello cattolico. Ma non e’ questo il tema del mio intervento.
V’e’ una liberta’ di ricerca in un altro campo, quello delle Scienze Sociali (Economia, Sociologia, Scienza Politica), che e’ tanto fondamentale per il progresso dell’umanita’ quanto quella in campo bio-medico, le cui modalita’ d’attuazione rispondono a situazioni ben diverse.
In primo luogo, mentre nel caso della ricerca in campo bio-medico lo scontro avviene quasi esclusivamente con il potere religioso, nel caso della ricerca nel campo delle Scienze Sociali lo scontro avviene con gli interessi costituiti in campo politico ed economico. Nessun regime totalitario la ammette. Chi non ricorda ai congressi, di Sociologia soprattutto, la parte recitata dai colleghi sovietici, secondati dai psicolabili che costituiscono la stragrande maggioranza di quella si chiama “Estrema Sinistra”, che qualificavano la ricerca empirica come uno strumento di dominazione ideologica borghese, quando invece bastava applicare i principi enucleati nel catechismo compilato da Stalin (e spacciato come l’interpretazione autentica di Marx) in un volume diffuso in milioni di copie in tutte le parti del mondo per arrivare a cogliere la dinamica della societa’ e il suo inevitabile sbocco ?
In primo luogo, dicevo, l’ostilita’ degli interessi costituiti in politica ed economia stacca nettamente la ricerca in campo sociale dalla ricerca in campo bio-medico, che anzi da quelli puo’ essere, e di fatti spesso e’ stata ed e’, incoraggiata, se non addirittura promossa.
Ma c’e’ un’altra caratteristica che contraddistingue la ricerca nel campo delle Scienze Sociali da quella in campo bio-medico – e, per questo verso, anche in campo fisico, astronomico, chimico: che, in questi settori delle cosi’ dette scienze estate, una volta ottenuta la liberta’ di ricerca, questa procede liscia liscia verso il proprio fine. Se ci sono ostacoli, questi nascono o da problemi tecnici o da problemi finanziari. Ben diverso e’ il caso delle Scienze Sociali. Mentre, nel caso delle prime, non ci sono problemi, se non appunto tecnici o finanziari, circa il reperimento dei dati, dei materiali, dei mezzi con cui raccoglierli ed analizzarli, nel caso delle Scienze Sociali I problemi nascono proprio qui’. Lasciamo da parte I regimi apertamente totalitari, tipo Cuba, la Bielorussia, la Corea del Nord o il blocco islamico, prendiamo in esame I regimi cosi’ detti democratici. In questi, la liberta’ di ricerca in campo socio-economico e’ formalmente riconosciuta. Di fatto, pero’, le cose non stanno cosi’. Non basta dire che si puo’ fare ricerca per garantire la liberta’ di ricerca. Bisogna rendere disponibili I dati. Ma questi in campo politico, in campo economico, in campo sociale spesso non vengono messi a disposizione dei ricercatori. Eppure e’ evidente che il futuro dell’umanita’ dipende da queste ricerche tanto quanto (se non di piu’) dal livello d’ingegneria economico-sociale che riusciremo a sviluppare.
Si prenda il caso del welfare state, la cui crisi e’ uno dei fenomneni centrali nei paesi avanzati e dal cui futuro dipende l’avvenire civile delle nostre societa’. Essa tocca tutta una serie di problemi: in particolare, dalle esigenze del mondo femminile, fondamentali, alla riforma del sistema pensionistico, dei servizi sociali e del sistema sanitario. Tutte aree che dipendono direttamente dai poteri forti in campo politico ed economico. Bene : si provino ad intervistare – non giornalisticamente, bensi’ in maniera sistematica come richiesto dai canoni della ricerca – i leader politici e sindacali, i cattedratici di Medicina e i primari degli ospedali, i dirigenti delle case farmaceutiche e delle ditte di prodotti sanitari, e raccogliere I dati necessari per la ricerca.
La liberta’ di ricerca a questo punto va a farsi friggere di fronte alla liberta’ di tutti questi signori di rifiutarsi di rispondere e di fornire le informazioni richieste.
Concludo, quindi, questo mio intervento, richiamando l’attenzione sulla necessita’ di adottare uno statuto internazionale delle ricerca che tenga presente le diversita’ che caratterizzano le modalita’ della medesima nei vari campi. Impresa non facile, perche’ in pratica significa svelare la natura mistificatrice di cio’ che va sotto il nome di liberta’ in un regime democratico. Dove, appunto, la contraddizione e’ tra “liberta'” e “democrazia”, quando per liberta’ s’intende fondamentalmente la liberta’ di pochi di gestire il potere politico e quello economico in funzione degli interessi di chi, appunto, detiene il potere, e non una liberta’ sostanziale, cementata da un senso di civile appartenenza., mirante a promuovere – come il termine “democrazia” lascia intendere – il bene comune.
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